mamma lavoratrice precaria

Sono una lavoratrice precaria da una vita. Ora sono una mamma lavoratrice precaria.
Non mi vergogno di dirlo, anche perché nella mia situazione ci sono talmente tante persone che ormai avere un lavoro è l’anomarlità.

Ho lavorato, più o meno con continuità, fino a poco prima di restare incinta. Quindi, messa a riposo, ho dovuto desistere da qualsiasi attività anche temporanea o da casa. Ma tanto il contratto non fu rinnovato per raggiungimento proroghe possibili e il problema non si poneva.

Nati i gemelli, pensavo che mi sarei messa in pista da lì a breve, ma non è stato così. Nel mio comune non esistono asili nido pubblici, ma solo parzialmente convenzionati o privati, quindi tornare a impiegarmi con la sicurezza di avere i bimbi in una struttura abbordabile e soprattutto sicura, è stata da subito un’utopia.

Allora pensammo di rivolgerci a qualche ludoteca, quelle strutture a ore dove poter far giocare i bambini per il tempo necessario alla mamma per lavorare quel part-time utile al bilancio familiare, mentre il papà, turnista, non poteva occuparsene.
Anche questa idea purtroppo è naufragata a seguito dei prezzi proibitivi in un Comune in cui non c’è molta scelta, e chi offre detta le regole delle tariffe.

Molto amareggiata, ma sempre più determinata ad occuparmi di nuovo, ho chiesto a mia madre, lontana circa 30 km, di tenere i bimbi durante le eventuali ore di impiego. Certo, grande impegno da parte sua, lasciare le proprie cose dalla sera prima e restare con due bimbi da sola per diverse ore in una casa dove non abitava…
Ma purtroppo, altre alternative, con un marito le cui mansioni si svolgono lontano da casa per 24 ore di seguito, non ce n’erano.
Insomma avrei dovuto arrangiarmi.

Trovata l’opzione più valida, inizio a candidarmi per vari impieghi part-time.
Vengo chiamata a colloquio più di una volta, quindi vuol dire che i miei curricula non svaniscono inghiottiti in qualche buco nero della rete globale.

In molti di questi incontri scopro, con amarezza, che tra le domande rilevanti ai fini della selezione, ve ne è una che in teoria violerebbe la mia privacy ma a cui in pratica sono tenuta a rispondere poiché è considerata obbligatoria almeno quanto i dati anagrafici…

Ebbene sì, sono sposata e ho due bambini. Ah, vuole sapere l’età? Beh ecco, due anni quasi. Ah… mi farete sapere…

Tse… come no…

L’amarezza mi assale. Vorrei chiedere a colei che sta scremando i vari candidati se ha dei figli, o se li vuole. Ma soprattutto se lascerebbe il lavoro per starsene a casa lasciando il posto a chi la prole non ce l’ha.
Sospiro, alzo le spalle e vado via.

Se mi avesse detto “guarda, il tuo curriculum fa schifo, ma ti ho chiamata solo per insultarti e chiederti come ti sei permessa a inoltrarlo” mi sarei offesa meno. Ma non c’è nulla che non vada nel mio percorso di studi, nelle mie esperienze, o nelle mie competenze e nella mia età. Il neo sono i miei figli.
Se viene considerato penalizzante averne uno, figuriamoci due. Gemelli piccoli poi.

Vade retro, signora, con tutta la prole! Non sia mai che uno si becchi il morbillo e lei ci resti a casa un mese. Prima che guariscano entrambi…

Sicché, nel frattempo che salti fuori qualcosa, provo a svoltare col lavoro da casa.
Ci provo solo però. Con una mano digito i tasti del computer, con l’altra afferro uno dei gemelli arrampicato sul letto, che sta tirando giù dal muro la cornice Ikea delle vacanze a Londra di 8 anni fa.

Riprovo di nuovo, dov’ero rimasta?
Mentre ci penso, distolgo lo sguardo dal monitor per dare un’occhiata all’altro gemello, impegnato nella distruzione dei volumi di “Le Grandi Civiltà del Passato”. Giusto qualche anno fa mi erano costate un occhio della testa con le uscite settimanali di Repubblica.
Ok, accantono il lavoro da casa. Prima che questa casa venga distrutta.

Mi voglio arrendere. Ma sì… dopotutto un lavoro, anche impegnativo, seppur non retribuito, ce l’ho. Ripeto a malincuore come un mantra: “chi non mi vuole non mi merita”. Insisto nell’autoconvincimento. Ci credo solo io.

Poi un bel giorno, vengo chiamata per un colloquio per quel ruolo part-time per il quale mi ero candidata mesi fa. La sede è lontana ma coi mezzi pubblici posso arrivarci in un’ora e mezza più o meno.
La selezione fila liscia in tutti e tre gli step, la mia sincerità sulla situazione familiare passa inosservata e quasi tiro un sospiro di sollievo. Mi dico che superato l’ostacolo età e figli troppo piccoli sono praticamente dentro. Quasi quasi badgio subito!
Sono talmente felice che faccio perfino progetti a lungo termine.

Ma poi ricasco col sedere per terra. Ebbene sì…la mia candidatura viene momentaneamente “archiviata”.
E’ vero che cercano un persona part-time… ma la disponibilità giornaliera dovrà essere totale in ogni caso.
Oddio e come faccio? Già non so dove lasciarli 6 ore, ‘ndo li metto 12?

Nulla, devo mollare.
Anche a volerli segnare subito all’asilo privato, tra iscrizione e retta per gemelli, la paga percepita non supererebbe il costo del nido.
Sconsolata sventolo bandiera bianca. E a detta di qualcuno ho sbagliato. Sì certo, con la presunzione di chi sa cosa voglia dire vivere con due gemelli di due anni, mi viene detto che se voglio lavorare dovrei accettare sia i compromessi, che qualsiasi impiego a tempo pieno, altrimenti significa che voglia di ripartire non ne ho.

Faccio il rewind di ciò che ho sentito e mi vien quasi da piangere.
“Ma a chi li lascio i figli? Li porto a te?”
“All’asilo!” mi dicono.
“Ma sono privati!!”
“Lo paghi!”
“Ma costano un occhio della testa!”
“…e se vuoi mantenerti l’impiego è così! Anche non guadagnando nulla a fine mese!”.

Sono perplessa. Dovrei lasciare i miei figli in una struttura a pagamento per andare a lavorare e percepire uno stipendio da girare al nido ogni fine mese?! OK mi starebbe anche bene se… avessi un impiego da mantenere. Se NON fossi precaria.
Ma che impiego devo tenermi se il contratto non supera i tre mesi a essere fortunata?
Mi alzo la mattina, porto i gemelli al nido, guadagno i soldi della retta, e terminato il periodo contrattuale senza ulteriori proroghe cosa ho realizzato? Ho dimostrato la mia tenacia? Ma per favore!

Questo è un discorso che può essere applicato alle mamme lavoratrici stabili, che godono dei privilegi di un contratto senza scadenza e che non vogliono perderlo. Quindi se c’è da lavorare due anni per il nido privato, e non ci sono alternative, amen.
Ma per noi mamme precarie, di precario ci sono pure le ore di lavoro richieste: che prima sono part-time e poi, in fase di colloquio, si trasformano in full time. Un part-time precario insomma. Pure quello.

Comunque, nel mezzo del cammin di nostra vita, visto che la selva oscura l’ho già trovata da parecchio e la diritta via l’ho smarrita non volendo lavorare full time, mi collego a Infojob e ricomincio l’impiego giornaliero non retribuito: cercare lavoro!

A proposito, se passate di qui part-time, vi offro un caffè…e intanto inoltro CV.

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photo credit: Lenovo ThinkPad via photopin (license)

4 Comments

  1. Le donne, le mamme sono penalizzate tantissimo in questa Italia dove non abbiamo delle leggi che ci tutelano, eppure la prole che mettiamo al mondo è quella che un domani pagherà le pensioni, ah già forse mettono già in conto di toglierle!!!

  2. Ciao, sono Valentina e ho due maschietti di quasi 3 anni. riesco a capirti in toto…vivo lontano sia da suoceri (in pensione) che da genitori(che hanno ancora da badare a 2gemelle da poco 18 enni). ho trovato una baby sitter brava e dolce che pero’ mi aiuta solo nell’ intrattenimento. asilo?.ci ho provatp ma da ottobre ad aprile sono stati continuamente malati…morale della favola? io con loro a casa bloccata. unico punto a mio favore?sono un chimico libero professionista e posso liberamente decidere quando lavorare. molto lo faccio anche da casa grazie a baby sitter e non nego che spesso li ho portati a lavoro con me. in bocca al lupo!

  3. Ciao Elena, come ti capisco, io sono stata licenziata a fine luglio 2014 da un lavoro part time sicuro a tempo indeterminato, la scusa è stata riorganizzazione del personale ma a quattrocchi la paura che io facessi un’altro figlio e mi sposassi subito, pensa l’ignoranza che brutta bestia!
    Pensare che ho lavorato fino al nono mese e quando la mia piccina aveva 4 mesi il mio ex titolare voleva tornassi subito a lavorare, alchè ti organizzi con la piccola cercando una struttura adatta ma le uniche strutture qui in zona tengono i bimbi dai sei mesi in su. Vado da lui glielo riferisco e mi fa “ok, però fra 2 mesi ti voglio sulla tua scrivania!” allora io che faccio iscrivo la mia piccina e ai suoi sei mesi lei al nido ed io al lavoro (certo part time) e poi giusto un anno dopo il ben servito.
    Ho girato duemila agenzie interinali, a mio avviso inutili, ho portato CV a mano e spedito via e-mail, ho fatto una marea di colloqui sentendomi dire “eh 29 anni con una bambina di 2 sicuramente ne farai un’atra quindi mi dispiace” oppure “eh 29 non posso assumerti come apprendista”, poi un bel giorno di marzo 2015 ricevo una telefonata e mi propongono un tirocinio in un’associazione della zona, e che fai dici di no?
    Lo stipendio? bè prendevo di più quando facevo part time ma accetto, attualmente sono ancora qui, fino al 30 settembre e poi sarà quel che Dio vorrà. Vivo questa opportunità di tirocinante 29enne alla giornata sperando porti qualcosa di buono!
    Ti auguro davvero di trovare un lavoro!
    Ti abbraccio
    Silvia

  4. Ciao,
    non sai quanto ti capisco! Io sono educatrice con un bambino di due anni, i contratti li fanno di mese in mese, o fai sostituzioni oppure niente e per di più sottopagata e spesso dovendo viaggiare. Alla fine facendo due conti la cosa che mi è convenuta di più è stato fare la baby sitter pagata in nero ma a casa mia con mio figlio.
    Presto mi aprirò un nido in famiglia e spero che vada bene. Tra l’altro mi sono laureata che ero incinta all’ottavo mese quindi esperienze lavorative precedenti quasi nulle e questo purtroppo non fa curriculum.
    Nel frattempo mi sono anche aperta un blog (succedeame.blogspot.it), passa se ti va!
    Giulia.

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