Recentemente ho partecipato a un incontro sulla sicurezza in rete, organizzato dal Comitato Genitori della scuola primaria che frequentano le mie bambine.
I relatori erano alcuni membri dell’Associazione Icaro, una Onlus di Milano, che ha come obiettivo l’informazione ai giovani sulle conseguenze che può avere uno scorretto utilizzo degli strumenti di comunicazione come internet, i social network e le chat.
La prima finalità dell’associazione non è fornire ai ragazzi un elenco di ciò che si può fare e ciò che invece non si deve fare in rete, ma trasmettere loro le conoscenze necessarie per sviluppare una maggiore capacità di giudizio personale, non condizionato dai comportamenti collettivi o dal sentito dire.
Gli argomenti di discussione sono stati la navigazione sicura in rete, il pensiero che bambini/preadolescenti hanno a riguardo e quali sono i rischi da cui noi genitori dovremmo proteggerli.

Quello che fa molto riflettere è che i ragazzi sono consapevoli dei rischi che corrono. Lo dimostrano i risultati di un questionario che è stato sottoposto agli studenti di una scuola media.Alla domanda “Cosa ti viene in mente pensando alla rete?” le risposte più significative sono state:

  • l’unione fra due mondi: quello reale e quello che ci piace
  • un mare pieno di pesci e conchiglie
  • comunicazione
  • svago, rischio e pericolo
  • pesci piccoli e pesci grossi
  • pericolo nei tuoi confronti
  • pedofilia, facebook, amici, youtube
  • la rete è meno vita, meno divertimento, più pericolo

La consapevolezza del rischio c’è. E’ evidente. Ma ci sono anche tanti dubbi a cui i ragazzi non trovano risposte. Noi genitori dovremmo guidarli, proteggerli e dare loro le risposte che cercano ma…noi abbiamo quelle risposte?

La maggior parte dei genitori presenti conoscevamo Facebook e WhatsApp, ma ignoravano l’esistenza di molti altri social come Instagram e Tumblr che contano un elevato numero di utenti, per lo più giovani.Credo che l’errore più comune sia pensare che i selfie con la duck face, li facciano solo i figli degli altri o che chi scrive le proprie emozioni in un post sia un ragazzo disturbato o con problemi relazionali.

Non è così.
Le mode del momento, l’essere considerato più o meno popolare in base al numero dei contatti di Facebook, far parte del gruppo della classe su WhatsApp, condizionano molto. Ci sono svariati comportamenti comuni che espongono i nostri figli al rischio di cyberbullismo, adescamento, ricatto, pedofilia e chissà cos’altro.I ragazzi sono consapevoli di questi rischi e hanno paura, ma non vogliono essere esclusi dalle community virtuali. Cercano aiuto dai genitori per capire come muoversi, come proteggersi e sentirsi al sicuro.
Per un genitore è difficile avere il pieno controllo, men che meno se si ha una scarsa conoscenza delle dinamiche dei social network. Ma non possiamo porre dei divieti per evitare di affrontare il problema e di farci trovare impreparati.Secondo voi possiamo fare comunque qualcosa anche se non abbiamo un account Facebook, Twitter, Instagram…? Come possiamo affrontare le situazioni a rischio?

Intanto che ci pensiamo, riporto l’esempio di Janel Burley Hofmann, una mamma blogger, che per Natale ha regalato al figlio tredicenne uno smartphone, dettando però qualche saggia, semplice regola (potete trovare la traduzione in italiano, nell’articolo postato dal Corriere qui).

E vi saluto con un video di Smart Jokes “I fatti tuoi attraversano la rete?”

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=IoPMY1wVzmU]

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