due gemelli nati a 18 giorni di distanza l'uno dall'altro

La storia di Sara, mamma di due gemelli Gemelli nati a 18 giorni di distanza

La storia di Sara è incredibile: è mamma di due gemelli nati a 18 giorni di distanza l’uno dall’altro.

Sara ha affrontato due parti in poco meno di tre settimane ed è la prova sia del potere della scienza ma anche della forza e del coraggio che una madre è in grado di trovare per il bene dei propri figli.

Ho ripensato alla mia esperienza, alla fatica e allo stress a cui sono stata sottoposta durante la mia gravidanza e il parto e ho realizzato che in fondo non è stato nulla se messo a confronto con quanto vissuto da Sara.

Non voglio anticiparvi altro perché questa storia merita di essere letta dall’inizio alla fine direttamente dalla “penna” di chi l’ha scritta…

Nomi ed età dei twins?

E’ una domanda complicata, perché ancora oggi ho difficoltà a rispondere per quello che mi è successo ma anche perché i gemelli sono nati prematuri e ancora oggi calcoliamo sia l’età anagrafica che quella corretta.

Comunque diciamo che hanno 2 anni anagrafici e 22 mesi corretti. Sono un maschietto e una femminuccia: Chicco e Chicca (preferisco non rivelare i loro nomi)

“Sono due” come avete reagito?

Erano anni che cercavamo una gravidanza e dopo una gravidanza extrauterina e beta negative, era l’ennesima volta che aspettavo le risposte delle beta dopo diversi tentativi di fecondazione assistita.

Ma stavolta ero più tranquilla, non lavoravo più e avevo meno ansie.

Le analisi le feci in un laboratorio dove lavora una mia amica e dopo il prelievo ero serena a casa con mia madre, quando arrivò la sua telefonata che mi disse:

“hai cambiato aria? Le beta sono 3263!”
“ma ti sarai sbagliata saranno 300 e qualcosa”
“no, no sono 3263”
“allora questa volta si sono attaccati tutti e due!”

Mia madre che ascoltava si mise a piangere. Chiamai subito mio marito che era a lavoro, e gli dissi di mettersi seduto

“Sono già seduto, allora com’è andata?”
“Ci sono tutti e due”

Non è riuscito più a lavorare ed è venuto a casa.

Ci racconti la tua gravidanza?

All’inizio ho avuto un piccolo distacco della placenta con perditine che poi si è risolto, ma fino alla 24° settimana tutto tranquillo, poi iniziarono i problemi.

Avevo delle perdite trasparenti che non mi piacevano ma il ginecologo mi disse che era leucorrea gravidica ed era normale.

Io però non ero tranquilla ed il 27 dicembre dissi a mio marito di portarmi al pronto soccorso, senza dire niente a nessuno.

Quella sera iniziai la mia avventura. Il sacco di Chicco perdeva liquido e mi fecero subito una puntura di cortisone per far maturare i polmoni dei bimbi.

I giorni seguenti era un continuo di eco e controllo dei battiti, fino a quando la mattina del 31 dicembre, dopo l’ennesima visita, decisero di portarmi in sala travaglio.

Mio marito che stava tornando a casa dal lavoro, per passare il capodanno con me, venne subito in ospedale in giacca e cravatta senza sapere che sarebbe rimasto così per più di 30 ore.

I miei gemelli erano bicorali biamniotici (due sacche gestazionali, due placente, due sacchi amniotici) e il maschietto, che aveva rotto il suo sacco, ormai era solo con la testa e una manina nel sacco, mentre il resto del corpo era incanalato per uscire.

Passai la notte del 31 dicembre (con mio marito che dormì come una mummia su 3 sedie😅) e quasi tutto il 1° gennaio tra consulti di medici, professori e primari sul da farsi, quando alla fine un ginecologo decise che non si poteva più aspettare e ci convinse a far nascere il maschietto.

Qualche goccia di ossitocina, qualche doloretto, in sala parto due spinte e vidi quei meravigliosi minuscoli piedini che si muovevano e un deciso pianto che nessuno si aspettava.

Ero a 25+4 e Chicco pesava 700g.

Mio marito non fece in tempo a prendere una boccata d’aria che lo chiamarono per avvertirlo che Chicco era nato.

Mi lasciarono la placenta e il cordone e aspettai più di un’ora per vedere se anche la femminuccia sarebbe nata. E invece lei, tranquilla, si era solo sistemata più comoda in pancia.

Rimasi ricoverata con la possibilità solo di alzarmi per andare al bagno, mentre le visite, le eco, ecc. le facevo con la sedia a rotelle.

Mio marito il pomeriggio mi portava a vedere Chicco in TIN, che nel frattempo lottava per vivere e stupiva tutti per la sua forza, nonostante con il calo fosse arrivato a 650 g.

Ero la prima mamma che andava a vedere il figlio in TIN incinta e quando qualche infermiera che non sapeva il mio quadro clinico mi chiedeva se avevo partorito, le rispondevo di sì ma che ero ancora incinta!

Ero ricoverata in una stanza da quattro persone che le infermiere chiamavano “i casi patologici” perché avevamo tutti casi particolari.

Avevamo fatto belle amicizie e le giornate trascorrevano senza particolari intoppi.

Una domenica però ruppi le acque e mi vennero la febbre alta e le convulsioni: la placenta di Chicco era andata in setticemia e io stavo malissimo, potevo prendere pochi antibiotici e Chicca era in pericolo per l’infezione che avevo.

Il lunedì entrai in sala operatoria con 40 di febbre e Chicca nacque con parto cesareo.

Ero a 28+1 e Chicca pesava 1160 g

Avevo fatto due parti in meno di tre settimane… ero diventata mamma di due gemelli nati a 18 giorni di distanza.

Cosa significa passare tutto quel tempo in TIN?

La TIN per chi non l’ha vissuta è difficile da raccontare: vita e morte a pochi centimetri di distanza.

Ho visto genitori piangere e genitori radiosi con la carrozzina, perché finalmente potevano portare il proprio cucciolo a casa.

Ho visto mamme che si disperavano perché non potevano essere dimesse con il proprio bimbo a due giorni dal parto e mamme che dopo quattro mesi di TIN si stupivano che fosse arrivato il giorno delle dimissioni.

Io stessa mi stupivo di essere lì perché i miei bimbi non stavano bene e nonostante questo mi capitava di ridere con altre mamme tutte insieme a tirarci il latte come mucche con gli aggeggi più disparati.

Spesso capitava che ti facessero entrare in ritardo perché avevano un’urgenza e noi mamme ci chiedevamo a quale figlio fosse toccata.

Alle nuove mamme che arrivavano spaesate, a volte con la sedia a rotelle e in camicia da notte, davamo tutte le indicazioni su orari, suddivisione dei reparti, dove trovare i camici e i copri scarpe, quando fare la marsupio terapia, ecc.

La mia emozione più grande è stata quando trovai Chicca in patologia (l’ultimo reparto prima delle dimissioni) vestita con una tutina immensa.

Per la prima volta ho potuto prenderla in braccio, darle il latte e poterla baciare senza tutti quei fili e l’ossigeno.

Finalmente ero una mamma come tutte le altre.

Mentre l’emozione più grande con Chicco l’ho avuta quando andai a prenderlo (fu dimesso 3 giorni dopo la sorella) e mi resi conto che i miei figli ce l’avevano fatta e finalmente eravamo una famiglia.

Erano passati 81 giorni dalla nascita di Chicco.

Come hai vissuto l’allattamento?

Quando nacque Chicco non potevo stimolare il seno perché avrei potuto indurre il parto, quindi aspettai che anche Chicca nascesse.

Il terzo giorno dopo il cesareo di Chicca cominciai a tirare il latte con un tiralatte manuale ma, dato che ero sotto un antibiotico forte, lo dovevo buttare.

Fui dimessa 10 giorni dopo la nascita di Chicca e una volta a casa cominciai a tirare il latte per portarlo in TIN.

Passai poi al tiralatte elettrico, perché molto più comodo. Lo tiravo ogni 3 ore circa, tranne di notte, infatti la mattina avevo due sise pronte a scoppiare che gocciolavano.

A un mese circa dal parto riuscivo a tirare quasi 1 litro al giorno.

Un po’ lo portavo in TIN ma i bimbi ne prendevano veramente poco, soprattutto perché Chicco ha avuto problemi di ristagno e quindi la maggior parte l’ho congelato.

In TIN ho provato ad allattare Chicca, ma non era il posto adatto: troppa confusione, i papà dovevano uscire e a me dispiaceva e mi ripromisi di provare una volta a casa.

La cosa non fu facile perché comunque ero preoccupata per la crescita (Chicca la portai a casa che pesava 2300 g mentre Chicco solo 1900 g) quindi preferivo tirarlo e poi darglielo con il biberon, anche perché in TIN i biberon usa e getta sono con 3 bei buchi e i bimbi avevano poca pazienza a tirare.

Le mie nottate le passavo tra tirate di latte e poppate quasi sempre alternate.

Dopo circa un mesetto hanno cominciato a ciucciare dal seno con i paracapezzoli, e più avanti anche senza, ma ho sempre preferito tirarlo e poi darglielo con il biberon.

Dopo un pò di tempo sono passata all’allattamento misto con il latte formulato, fino ad arrivare allo svezzamento ai 6 mesi corretti quando non ho più avuto latte mio.

Se tornassi indietro mi comporterei differentemente, mi preoccuperei di meno del peso, anche se alla fine sono fiera di me stessa  perché sono riuscita a dar loro il mio latte anche se non continuamente.

Quali sono le difficoltà maggiori che avete incontrato i primi tempi a casa?

Sicuramente il ritmo delle poppate, il tiraggio del latte e i rigurgiti continui, soprattutto di Chicca.

Poi il pensiero che erano un miracolo e quindi la paura di farli uscire e che potessero prendere un colpo d’aria.

E i vaccini da fare subito, perché avevano quasi 3 mesi e a vederli così piccoli anche le infermiere dell’ASL si erano impressionate.

 …e una cosa che ti sembrava impossibile invece è risultata più semplice del previsto?

Lo svezzamento mi metteva paura. Io sono stata sempre l’orgoglio di tutte le mamme dei miei amici perché ho sempre mangiato tutto, come avrei potuto fare con due bocche schizzinose?

Invece, a parte le prime due settimane di pappe fatte in casa e sputate un po’ dappertutto, mi sono avvicinata all’autosvezzamento ed è stato veramente una cosa facilissima.

Ora a 2 anni mangiano tutto di gusto e sono veramente contenta. Alla fine tante cose che sembravano impossibili si sono poi risolte tranquillamente.

La domanda più assurda che ti abbiano mai fatto sui gemelli?

Più che domande assurde forse considerazioni dovute al caso.

Un giorno una signora mi disse: sono maschio e femmina e nati in giorni diversi… non sono gemelli ma fratello e sorella!

Oppure spesso mi chiedono: come festeggiate i compleanni, insieme o separati?

Il più simpatico è stato il prete al battesimo che disse nella predica: figli dello stesso padre e della stessa madre!! E tutti i parenti scoppiarono a ridere

Cos’è per te la gemellitudine?

Sembra banale ma davvero è doppia gioia e doppie preoccupazioni.

La cosa che mi ha fatto sempre divertire di più è poter comprare i vestiti sia per maschio che per femmina.

Per loro è un legame molto particolare: si cercano, si chiamano per giocare insieme, si preoccupano l’uno dell’altra.

Quale consiglio daresti alle future mamme di gemelli?

Forse sarò un pò fuori dal gruppo ma a me è servito molto l’aiuto di parenti e amici, soprattutto nell’organizzazione della casa e delle commissioni.

Ora che i bambini non vogliono stare sul passeggino, uscire in due è sempre più comodo. Comunque tutto è possibile!

 

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